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All’inizio del 1803 una stranissima imbarcazione si spiaggiò sulle coste del Giappone. La chiamarono utsuro-bune (nave vuota, cava), al suo interno c’era una bellissima ragazza dai capelli rossi.
Le illustrazioni sono magnifiche e la storia l’ho trovata su Link Molto Belli:
Ne lascio tradotto un pezzo, il resto è nell’articolo originale.
Nei primi mesi del 1803, una nave aliena sbarcò sulle coste del Giappone. I pescatori pensarono che si trattasse di una di loro e si misero a remare per rimorchiare l’oggetto che si muoveva tra le onde. Non lo era. L’imbarcazione aveva l’aspetto di un calderone, di una pentola per il riso o di un baccello: il fondo era forgiato con un qualche tipo di metallo pesante; la parte superiore sembrava essere in legno di palissandro, laccato e con inserti di vetro a reticolo. Sulla spiaggia, gli abitanti del villaggio si meravigliarono dell’ingegneria avanzata e, sbirciando attraverso le finestre opache, notarono qualcosa che si contorceva. In quel momento, un pannello si aprì sullo scafo e ne uscì un essere che sembrava quasi umano… . . O almeno così ci dicono le varie fonti, con vari livelli di contraddizione.
Questo utsuro-bune (nave vuota o vacante) compare in almeno dodici fonti letterarie del tardo periodo Edo. La più importante, forse, è Toen shōsetsu (1825) di Bakin Takizawa (Kyokutei) - una raccolta in quattordici volumi di pettegolezzi e racconti raccolti. Una serie di dettagli sconcertanti li troviamo nell’undicesimo volume di quest’opera, durante il racconto intitolato Utsuro-bune no Banjyo (Una donna straniera in un vascello cavo). La nave aliena, del diametro di circa cinque metri, fu scoperta su una spiaggia della provincia di Hitachi. La sua abitante adolescente era di una bellezza incomparabile. I suoi capelli rossi avevano riflessi bianchi; alcuni hanno ipotizzato che fossero fatti di pelliccia. Indossava un abito di uno strano materiale, che piaceva molto alle donne del posto, perché poteva essere tenuto stretto nella parte superiore e sciolto vicino alle caviglie. Afferrava saldamente una scatola di legno e si rifiutava di lasciarla andare. Dalle prove raccolte nel vascello, sembra che la sua specie beva acqua e si nutra di carne macinata e dolci. Non parlava giapponese.
Sulla spiaggia, fantasticarono che fosse una principessa straniera in fuga da un matrimonio infelice. Questo spiegherebbe la scatola - che alcuni credevano contenesse la testa mozzata di un amante morto - e il sistema di scrittura alieno inciso sul recipiente, che faceva supporre che si trattasse di “una principessa britannica, bengalese o americana”. (Le riproduzioni di questi simboli, come nella colonna di destra dell’immagine qui sopra, ci fanno pensare al contrario). In una risoluzione crudele e leggermente comica, gli abitanti del villaggio decidono di rispedire l’alieno da dove è venuto. Non per paura o odio, ma per frugalità. Nella traduzione di Shoichi Kamon:
Se le informazioni su questo incidente vengono trasmesse al signore del territorio, potremmo ricevere l’ordine di ispezionare questa donna e la barca, il che sarebbe un’impresa costosa. Dato che c’è un precedente che prevede che questo tipo di imbarcazione venga rigettata in mare, è meglio metterla dentro la barca e mandarla via. Dal punto di vista umanitario, questo trattamento è troppo crudele per lei. Tuttavia, questo trattamento sarebbe il suo destino.